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LA RIFORMA DELLA PREVIDENZA IN BRASILE.
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Riflettori puntati sulla riforma della previdenza sociale. |
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di Fabio Moro, titolare di BSO Brasil
Caro Lettore, sarai a conoscenza che in Brasile è tempo di riforme... “Lentamente che ho fretta”: è l’ormai celebre frase pronunciata qualche tempo fa dal Ministro delle Finanze Henrique Meirelles. Sono parole che indicano l’urgenza di procedere velocemente con le riforme, ma al tempo stesso anche la necessità di compiere delle scelte politiche che – in quanto decisive per il futuro del Paese – richiedono estrema ponderazione. Il Governo attuale, presieduto da Michel Temer, sta lavorando febbrilmente sin dal suo insediamento ad un programma di riforme istituzionali di ampio respiro. In questo contesto, la “madre di tutte le riforme” è quella della previdenza sociale. La riforma della previdenza Quella della previdenza è una riforma necessaria per un motivo elementare: il c.d. “bonus demografico” si sta esaurendo. Ossia i giovani sono sempre di meno mentre la popolazione anziana sta via via aumentando. Tradotto in termini economici: la fonte di sostentamento del sistema previdenziario (i giovani lavoratori) non è più sufficiente ad alimentare il reddito pensionistico (gli adulti in pensione). La proposta di riforma – il cui punto cardinale è portare l’età minima di pensionamento a 65 anni (quando oggi è di 60 anni per gli uomini e di 55 per le donne) e il tempo minimo di contribuzione dagli attuali 15 anni a 25 – è attualmente in discussione presso il Parlamento, oltre che oggetto di un vivace dibattito in seno alla società civile (vedi nel riquadro in fondo i principali punti del programma). Ci sono varie entità – a partire dalla CNI (Confederazione Nazionale dell’Industria) – che appoggiano la riforma. Ma vi sono altresì gruppi d’interesse che la osteggiano, anche con manifestazioni pubbliche, seppur con un’intensità ben più lieve rispetto a quelle che hanno portato in piazza milioni di brasiliani negli ultimi anni contro il precedente governo. Tra le categorie più combattive si registrano quelle del settore pubblico, tra cui spiccano le categorie dei dipendenti di Stati Federali e Municipi, dei militari e degli insegnanti. Gli sforzi del Governo per raccogliere il consenso necessario La principale questione è l’accettazione da parte della popolazione brasiliana di una riforma che verrebbe approvata da una classe politica di dubbio valore etico. I frequenti scandali di corruzione tra i parlamentari sempre meno tollerati dalla società civile si scontrano con una riforma limitatrice di diritti che sarebbe approvata proprio da parte di quei parlamentari. Ora: l’attuale presidente Temer è un giurista costituzionalista dal carattere pacato. Non ha il carisma di un leader come Lula, ma è conosciuto come “o articulador”, l’articolatore che instancabilmente tesse relazioni e apre dialoghi su tutti i fronti, tanto all’interno del partito quanto con le opposizioni e le varie forze socio-economiche del Paese. E’ una caratteristica personale assai rilevante in questo momento storico in cui è necessario più che mai trovare una vasta approvazione politica per approvare delle riforme impopolari. Questa propensione del governo attuale alla grande concertazione costituisce la principale differenza rispetto a quello precedente, la cui leader Dilma Rousseff non era mai riuscita a coagulare attorno a sè il consenso parlamentare, creando – al contrario – forti tensioni tra legislativo ed esecutivo e finanche all’interno della sua stessa maggioranza. Insomma: è vero che Michel Temer è un presidente poco popolare. E non potrebbe essere altrimenti, dovendo far approvare una serie di misure piuttosto amare per coreggere gli errori del passato. Ma ha un grande vantaggio: fondamentalmente gode dell’appoggio di entrambi i rami del Parlamento. Le chances che la riforma venga approvata sono dunque ragionevolemente significative. D’altra parte Temer è riuscito a far approvare anche l'altra grande riforma, quella che ha posto un limite alla spesa pubblica di Stati è Municipi, riforma la quale pure aveva sofferto varie resistenze, a partire da quelle dei politici degli Enti locali, abituati da tempo a gestire le risorse senza limiti particolari. Dunque la questione non sarà tanto l’approvazione della riforma in sé, quanto piuttosto la quantità e qualità degli emendamenti che le varie forze politiche rivendicheranno, a partire dalle critiche alla parità dell’età di pensionamento tra uomini e donne. Un articolo della nota rivista internazionale Economist di Temer dice che “se riesce a far approvare la riforma delle pensioni, i brasiliani avranno buone ragioni per ringraziarlo”.
Se la riforma della previdenza nel lungo termine persegue l’aggiustamento dei conti pubblici, evitando così situazioni insostenibili per il futuro dei giovani d’oggi (effetto a lungo termine), essa produce almeno altri due effetti. Il primo effetto sarebbe immediato. Con la riforma, l’economia brasiliana sperimenterebbe un’accelerazione, sostenuta peraltro dalla banca centrale che ridurrebbe il tasso d’interesse ad un ritmo ancor più rapido di quello attuale. La riduzione del tasso d’interesse diminuirebbe il costo del credito e produrrebbe finalmente un effetto tranquillizzante per i mercati dopo un triennio di turbolenze, riattivando così la fiducia tra imprese ed investitori. Ciò attirerebbe gli investimenti, di cui peraltro si sta già avvertendo una ripresa per effetto dell’azione in generale dell’attuale governo. Il secondo effetto sarebbe percepibile nel medio termine. Oggi oltre metà della spesa pubblica primaria del Brasile è destinata alla Previdenza, rimanendo poche risorse destinate alle altre spese, come gli investimenti in salute, educazione ed infrastruttura. Secondo le proiezioni del Ministero delle Finanze, la riforma del sistema previdenziario produrrebbe una crescita del tasso di investimento in Brasile dell’ 1,8% nel corso dei prossimi 10 anni. Nello stesso periodo i consumi dei pensionati aumenterebbero dell’ 1,7% e il PIL avrebbe un incremento dello 0,65% all’anno. In termini semplici: dedicando meno risorse alla dispendiosa previdenza pubblica, vi sarebbero più risorse per lo sviluppo del Paese. In conclusione: il completamento delle riforme in Brasile, oltre a riequilibrare almeno in parte i conti pubblici, genererebbe fiducia e garantirebbe il decollo di produzione e consumi, aumentando la domanda di prodotti nazionali e stranieri. Ciò costituirebbe un elemento di forte attrazione sia per per l’export dei prodotti nostrani sia per gli investimenti di società italiane.
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